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BRUTO

15,00

Il Bruto di Voltaire – che qui si presenta per la prima volta in traduzione al lettore italiano – composto nel 1729, portato in scena dalla Comédie Française nel 1730 e pubblicato nel 1731, rappresenta una delle prime prove dell’impegno politico di Voltaire. Bruto è la rappresentazione della lotta tra la libertà repubblicana e la monarchia assoluta, il manifesto dell’elogio della libertà politica del cittadino, valore supremo irrinunciabile, a cui il console Bruto – in lotta contro Tarquinio e Porsenna – sacrificherà anche i propri affetti di padre.
Tappa centrale nella carriera di tragediografo di Voltaire, Bruto è un importante esempio dello studio condotto dall’autore sulla tragedia, che egli vuole innovare accostando alla magnificanza dello stile ereditato dalla tradizione del grande teatro classico di Corneille e Racine lo stile e i contenuti «barbari» del teatro inglese di Shakespeare. Il notevole successo che la tragedia ottenne al proprio apparire in Francia fu dovuto alla valenza rivoluzionaria che il testo conteneva. Bruto segna infatti una delle prime tappe della lotta per la liberà condotta da Voltaire, in qualità di capo del parti philosophique, lungo il XVIII secolo: E proprio in questo senso la tragedia sarà letta dai rivoluzionari francesi, che la trasformeranno in una delle pièces più apprezzate durante la Rivoluzione.

LA LIBERTÀ A OGNI COSTO

25,00

Integrazione/separazione, universalismo/nazionalismo, adesione agli ideali della nazione americana/africanismo: queste polarità hanno da sempre contraddistinto i movimenti afro-americani e le loro teorie politiche. Una «doppiezza», mirabilmente descritta agli inizi del XX secolo nell’opera di W.E.B. Du Bois e incarnata in leadership rappresentative come quella di Martin Luther King Jr. e di Malcolm X, che proprio negli anni della lotta abolizionista trova la sua origine. È in questi anni, infatti, che una specifica concezione della libertà e dell’emancipazione, al tempo stesso interna ed esterna al «mito» americano e alla tradizione politica dell’occidente moderno, prende piede e che la cultura afro-americana si fa «pensiero politico».
Questo volume, che presenta per la prima volta in italiano i più significativi interventi dell’abolizionismo nero statunitense, illustra il delinearsi di questo pensiero nel suo confronto con l’eredità contraddittoria della rivoluzione americana, l’emergere delle scienze etnologiche e i conflitti che preparano la guerra civile. Ne risulta una diversa e radicale concezione della modernità che, nella prospettiva coloniale dell’afro-americano, mette a nudo fra gli Anni Trenta e gli anni Sessanta del XIX secolo la costitutiva e irrisolta contraddizione tra l’aspirazione alla libertà e all’uguaglianza e la loro concreta negazione patita quotidianamente dal popolo nero.

LA SCOPERTA SCIENTIFICA COME PROBLEM SOLVING_BASE

15,00

Herbert A. Simon, La scoperta scientifica come problem solving (target article)
Commenti di: Joseph Agassi, Roberto Cordeschi, Marc De Mey, Donald A. Gillies, Mary B. Hesse, Philip N. Johnson-Laird, Paolo Legrenzi, John Losee, Diego Marconi, William H. Newton-Smith, Angelo M. Petroni, Roger C. Schank, Lucian P. Hughes, Giuseppe Trautteur, John W. N. Watkins

LA LIBERTÀ

15,00

Di grande rilievo dal punto di vista storico, in quanto costituisce un luogo privilegiato per intendere il mutamento degli assetti categoriali e della strategia politica del liberalismo tedesco dopo la sconfitta della rivoluzione del 1848, questo testo giovanile del futuro autore della Politik si presenta altresì ricco di suggestioni teoriche. Muovendo da un serrato confronto con i punti più alti del pensiero politico europeo a lui contemporaneo (in particolare John Stuart Mill), Treitschke giunge a criticare la concezione liberale classica della libertà e la dottrina – sostenuta anche da Wilhelm von Humboldt – che vede nello Stato un male necessario. Ma il luogo centrale del testo, quello in cui più strettamente si connettono interesse storico e suggestioni teoriche, è la rivendicazione polemica della libertà contro l’uguaglianza. Da una parte troviamo qui infatti una chiara formulazione dell’esigenza che il liberalismo del «ceto medio» si differenzi dalle rivendicazioni dell’emergente proletariato; dall’altra, la distinzione concettuale di libertà e uguaglianza impegna Treitschke in una serrata argomentazione (che riprende quella di Tocqueville) sul rischio di una «tirannia dell’opinione pubblica», di una «tirannia sociale della maggioranza».

LE LIBERTÀ FONDAMENTALI

14,00

Questo dialogo fra un grande giurista e un grande filosofo riguarda una difficoltà presente nella concezione neocontrattualistica elaborata da John Rawls a partire da Una teoria della giustizia, vale a dire il problema dell’applicazione pratica delle libertà fondamentali in una società liberaldemocratica bene ordinata. Posto che tale applicazione – come sostiene Rawls – può aver luogo solo quando le condizioni sociali permettono il concreto svolgimento di tali diritti, non è immediatamente chiaro – obietta il giurista Herbert L. A. Hart – in base a quali meccanismi le condizioni favorevoli, dal punto di vista socio-economico, implichino l’effettiva applicazione per tutti, e in primo luogo per i più svantaggiati, proprio di quelle che Rawls chiama «libertà fondamentali». Le obiezioni di Hart e la lunga risposta di Rawls contribuiscono a chiarire questa aporia fondamentale delle società che tentano di coniugare diritti individuali, norme di giustizia e interventi correttivi delle proprie strutture.

LA LIBERTÀ DEL POPOLO NERO

15,00

Libertà, uguaglianza e fraternità – la triade dei principi rivoluzionari solennemente proclamati a Parigi nel 1789, con i quali inizia la modernità politica – non riguardano la popolazione di colore delle colonie francesi, né l’immenso popolo degli schiavi che in essa vive e soffre. Quegli stessi principi, nondimeno, diventeranno – negli anni tra il 1792 e il 1801 – parole d’ordine per i rivoluzionari neri della colonia francese di Santo Domingo; motivo della loro autonoma mobilitazione in vista dell’abolizione della schiavitù (strappata con l’«immortale decreto» giacobino del 1793); e motore del primo esperimento costituzionale di una Repubblica autonomamente organizzata e governata da cittadini di colore. Toussaint Louverture (1743-1803), nero, ex-schiavo, comandante militare e governatore dell’isola dopo l’abolizione della schiavitù, guidò ed organizzò per intero la transizione rivoluzionaria e contribuì in maniera determinante all’elaborazione della Costituzione. Qui sono raccolti e presentati al lettore italiano – nella prima edizione moderna – i suoi scritti, che testimoniano delle singole fasi della vicenda rivoluzionaria di Santo Domingo ed evidenziano le difficoltà attraverso le quali si concretizza il sogno di liberazione dei «giacobini neri» della colonia francese. La concreta affermazione dell’«assoluto principio» che nessun uomo avrebbe mai più potuto essere proprietà di un suo simile, frutto della rivoluzione di Santo Domingo, sarà, nei decenni successivi, il credo politico degli schiavi dell’intera area caraibica e degli USA, e Toussaint diventerà una figura mitica delle lotte per la libertà del popolo nero.

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