Tutte le collane

  • Home

Titoli disponibili

LA SCOPERTA SCIENTIFICA COME PROBLEM SOLVING_BASE

15,00

Herbert A. Simon, La scoperta scientifica come problem solving (target article)
Commenti di: Joseph Agassi, Roberto Cordeschi, Marc De Mey, Donald A. Gillies, Mary B. Hesse, Philip N. Johnson-Laird, Paolo Legrenzi, John Losee, Diego Marconi, William H. Newton-Smith, Angelo M. Petroni, Roger C. Schank, Lucian P. Hughes, Giuseppe Trautteur, John W. N. Watkins

LA LIBERTÀ MODERATA

15,00

Il Discorso di Logrogno e i due Discorsi sul governo dei Medici attraversano un crinale decisivo della storia di Firenze: il passaggio (settembre 1512) dalla repubblica del Consiglio Grande, ai suoi esordi influenzata dalla predicazione savonaroliana, al principato mediceo, ormai sempre più avviato verso una prassi assolutistica, assai diversa da quella di Lorenzo il Magnifico. La riflessione guicciardiniana è poi segnata non solo dalla catastrofe istituzionale della sua città, ma anche dalla inedita e apocalittica tragedia delle guerre d’Italia. Occasionati da queste due crisi, i tre discorsi di Guicciardini tracciano le linee fondamentali del suo pensiero politico, fino al Dialogo del reggimento di Firenze. Riflettendo su categorie politiche basilari, quali esperienza e ragione, ordine e passioni, tradizione e innovazione, Guicciardini prospetta una equilibrata sintassi amministrativa, che si vuole lontana sia da pretese meccanicistiche sia da derive nichilistiche. È, la sua, una proposta di libertà moderata, ossia regolata dai «savi». Questi, esercitati nella «bottega» della politica, rappresentano il «timone» della città, ne «curano» il disordine e la preservano sia dalla sedizione principesca sia dalla libertà popolare, in una prospettiva di stabilizzazione oligarchica ben lontana dagli orizzonti eroici e democratici che affascinavano, invece, Machiavelli.

ORDINE E LIBERTÀ

15,00

Fra i tanti scritti che, nel periodo direttoriale, s’interrogano sulla Rivoluzione francese e sul nuovo ordine politico da essa introdotto, un posto centrale occupano i due testi – il primo dei quali inedito in Italia – qui pubblicati sotto il titolo Ordine e libertà. In diretta polemica reciproca, il Des causes de la révolution et de ses résultats di Adrien Lezay-Marnésia e il Des effets de la terreur di Benjamin Constant rappresentano le due risposte paradigmatiche alla grande alternativa della politica post-rivoluzionaria: quella, appunto, fra ordine e libertà. Il testo di Lezay – noto agli specialisti, benché mai più ripubblicato dal 1797 – difende le ragioni dell’ordine: ma lo fa ricorrendo ad argomenti di Realpolitik che sfociano in una sorta di giustificazione del Terrore. Il testo di Constant – assai più noto del precedente, benché spesso più citato che letto – difende invece le ragioni della libertà: ma lo fa ricorrendo ad argomenti di principio sulla cui base qualsiasi giustificazione del Terrore diviene impossibile. Si realizza così, tra le posizioni dei due autori, uno scambio esemplare dell’ambiguità connaturata alla politica post-rivoluzionaria: è infatti il moderato Lezay a giustificare la necessità del Terrore, mentre è il progressista Constant a condannarlo senz’appello.

LA LIBERTÀ DEL CRISTIANO

15,00

Il trattatello La libertà del Cristiano, uno dei tre scritti importanti di Lutero pubblicati nel 1520, mette in chiaro le premesse filosofiche e teologiche dell’impresa riformistica; la radicale reinterpretazione della concezione paolina della fede e della grazia getta le basi per l’atteggiamento del protestantesimo di fronte alla vita pubblica e politica. Questa nuova traduzione italiana presenta lo scritto di Lutero in una veste linguistica moderna, che tiene conto di entrambi i testi originali (la versione tedesca e quella latina sono comparse contemporaneamente). L’Introduzione, che segnala le ambivalenti implicazioni storiche e teoriche del concetto luterano di libertà, ne indaga criticamente l’attualità nel mondo di oggi.

LA PERSECUZIONE DEGLI ERETICI

15,00

«Come un moscerino contro un elefante»: è questo il commento che Sébastien Castellion sembra abbia apposto di suo pugno a una copia del De haereticis, an sint persequendi, pubblicato nella primavera del 1554. La metafora è pienamente gistificata, se soltanto si pensa alla sproporzione delle forze in campo: da un lato il grande consenso di cui godeva allora Calvino all’interno del mondo protestante, dall’altro la volontà quasi isolata dell’umanista savoiardo di difendere le conquiste originarie della Riforma, in particolare quella libertà di coscienza che essa aveva opposto all’intolleranza della Chiesa medievale. L’obiettivo polemico del De haereticis è proprio l’apparato ideologico del predicatore ginevrino, il pericolo che esso producesse un assetto istituzionale monolitico e autoritario ancora più gravoso della tirannia romana; il rogo di Serveto, avvenuto in quei mesi, era un terribile segnale in quella direzione.
Ma nello scritto di Castellion vi è molto di più che non la difesa ad oltranza della libertà religiosa: vi opera infatti l’intenzione di ripensare le categorie della fede, in un orizzonte che è certo erede dell’umanesimo erasmiano, ma che raccoglie anche forti suggestioni del misticismo di Sébastien Franck e perfino del pacifismo anabattista. Questi elementi mirano a fondersi in un processo teorico ambizioso, la cui originalità è spesso sottovalutata, nonostante la fortuna dell’opera nelle epoche successive; tuttavia è proprio l’ampio respiro del De haereticis, il suo tentativo di valorizzare l’unicità dell’esperienza religiosa individuale in un orizzonte universale, a farne un testo di fondamentale importanza nella storia moderna della lotta per la libertà di coscienza.

IL SENTIMENTO DELLE LIBERTÀ

14,00

Il sentimento della libertà: era questo ciò che propugnava l’azione e la riflessione delle sostenitrici del movimento dei diritti delle donne negli Stati Uniti della prima metà dell’Ottocento – libertà di parola, di voto, di disporre dei propri beni, di avere la tutela giuridica dei propri figli, di testimoniare in tribunale, per citarne solo alcune. Il modello a cui si richiamava esplicitamente la Dichiarazione dei Sentimenti era la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti del 1776, a dimostrazione del fatto che le donne facevano appello a quelle stesse «verità di per sé evidenti» che erano state rivendicate dai coloni americani nei confronti di una madrepatria e un re considerati ormai come tiranni. Era a un’altra «tirannia» che si opponevano le donne americane, quella esercitata dall’uomo sulla donna e dal marito sulla moglie, attraverso l’emanazione di leggi cui le donne non avevano dato consenso, o attraverso una lettura errata dei testi sacri. L’estremo interesse dei documenti qui pubblicati risiede proprio nella capacità delle donne americane di appropriarsi del linguaggio e dei concetti politici propri del discorso pubblico americano di quel periodo e di rendere evidenti le contraddizioni e i paradossi di una società che si proclamava democratica; a imperituro ricordo di quanto la questione della cittadinanza femminile sia elemento essenziale ed inscindibile della nascita della modernità e dell’ordine politico occidentale.

1 2 4