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VINDICIÆ CONTRA TYRANNOS. IL POTERE LEGITTIMO DEL PRINCIPE SUL POPOLO E DEL POPOLO SUL PRINCIPE

15,00

Le Vindiciæ – pubblicate nel 1579 in latino e nel 1581 in francese, e presentate qui per la prima volta in italiano – sono uno dei testi più emblematici della letteratura politica del periodo delle guerre civili di religione. Nel momento in cui si va delineando con chiarezza l’idea moderna di sovranità, come potere supremo caratterizzante lo Stato, i «monarcomachi» e l’autore delle Vindiciæ (forse Hubert Languet, forse Philippe Duplessis-Mornay) pongono consistenti limiti all’autorità sovrana sulla base di un duplice contratto: tra Dio e re, e tra re e popolo. Mentre l’osservare questo doppio contratto si addice alla dignità regale, il violarlo trasforma i re in tiranni e obbliga il popolo – principio e fine dello Stato e, in ultima istanza, vero sovrano – al rifiuto dell’ubbidienza e, al limite, al tirannicidio. Forte di carica rivoluzionaria, il testo segna un momento cruciale nella tradizione del repubblicanesimo moderno, e si conferma come un classico del pensiero politico della libertà.

ORDINE E LIBERTÀ

15,00

Fra i tanti scritti che, nel periodo direttoriale, s’interrogano sulla Rivoluzione francese e sul nuovo ordine politico da essa introdotto, un posto centrale occupano i due testi – il primo dei quali inedito in Italia – qui pubblicati sotto il titolo Ordine e libertà. In diretta polemica reciproca, il Des causes de la révolution et de ses résultats di Adrien Lezay-Marnésia e il Des effets de la terreur di Benjamin Constant rappresentano le due risposte paradigmatiche alla grande alternativa della politica post-rivoluzionaria: quella, appunto, fra ordine e libertà. Il testo di Lezay – noto agli specialisti, benché mai più ripubblicato dal 1797 – difende le ragioni dell’ordine: ma lo fa ricorrendo ad argomenti di Realpolitik che sfociano in una sorta di giustificazione del Terrore. Il testo di Constant – assai più noto del precedente, benché spesso più citato che letto – difende invece le ragioni della libertà: ma lo fa ricorrendo ad argomenti di principio sulla cui base qualsiasi giustificazione del Terrore diviene impossibile. Si realizza così, tra le posizioni dei due autori, uno scambio esemplare dell’ambiguità connaturata alla politica post-rivoluzionaria: è infatti il moderato Lezay a giustificare la necessità del Terrore, mentre è il progressista Constant a condannarlo senz’appello.

LA LIBERTÀ MODERATA

15,00

Il Discorso di Logrogno e i due Discorsi sul governo dei Medici attraversano un crinale decisivo della storia di Firenze: il passaggio (settembre 1512) dalla repubblica del Consiglio Grande, ai suoi esordi influenzata dalla predicazione savonaroliana, al principato mediceo, ormai sempre più avviato verso una prassi assolutistica, assai diversa da quella di Lorenzo il Magnifico. La riflessione guicciardiniana è poi segnata non solo dalla catastrofe istituzionale della sua città, ma anche dalla inedita e apocalittica tragedia delle guerre d’Italia. Occasionati da queste due crisi, i tre discorsi di Guicciardini tracciano le linee fondamentali del suo pensiero politico, fino al Dialogo del reggimento di Firenze. Riflettendo su categorie politiche basilari, quali esperienza e ragione, ordine e passioni, tradizione e innovazione, Guicciardini prospetta una equilibrata sintassi amministrativa, che si vuole lontana sia da pretese meccanicistiche sia da derive nichilistiche. È, la sua, una proposta di libertà moderata, ossia regolata dai «savi». Questi, esercitati nella «bottega» della politica, rappresentano il «timone» della città, ne «curano» il disordine e la preservano sia dalla sedizione principesca sia dalla libertà popolare, in una prospettiva di stabilizzazione oligarchica ben lontana dagli orizzonti eroici e democratici che affascinavano, invece, Machiavelli.

LA LIBERTÀ A OGNI COSTO

25,00

Integrazione/separazione, universalismo/nazionalismo, adesione agli ideali della nazione americana/africanismo: queste polarità hanno da sempre contraddistinto i movimenti afro-americani e le loro teorie politiche. Una «doppiezza», mirabilmente descritta agli inizi del XX secolo nell’opera di W.E.B. Du Bois e incarnata in leadership rappresentative come quella di Martin Luther King Jr. e di Malcolm X, che proprio negli anni della lotta abolizionista trova la sua origine. È in questi anni, infatti, che una specifica concezione della libertà e dell’emancipazione, al tempo stesso interna ed esterna al «mito» americano e alla tradizione politica dell’occidente moderno, prende piede e che la cultura afro-americana si fa «pensiero politico».
Questo volume, che presenta per la prima volta in italiano i più significativi interventi dell’abolizionismo nero statunitense, illustra il delinearsi di questo pensiero nel suo confronto con l’eredità contraddittoria della rivoluzione americana, l’emergere delle scienze etnologiche e i conflitti che preparano la guerra civile. Ne risulta una diversa e radicale concezione della modernità che, nella prospettiva coloniale dell’afro-americano, mette a nudo fra gli Anni Trenta e gli anni Sessanta del XIX secolo la costitutiva e irrisolta contraddizione tra l’aspirazione alla libertà e all’uguaglianza e la loro concreta negazione patita quotidianamente dal popolo nero.

BRUTO

15,00

Il Bruto di Voltaire – che qui si presenta per la prima volta in traduzione al lettore italiano – composto nel 1729, portato in scena dalla Comédie Française nel 1730 e pubblicato nel 1731, rappresenta una delle prime prove dell’impegno politico di Voltaire. Bruto è la rappresentazione della lotta tra la libertà repubblicana e la monarchia assoluta, il manifesto dell’elogio della libertà politica del cittadino, valore supremo irrinunciabile, a cui il console Bruto – in lotta contro Tarquinio e Porsenna – sacrificherà anche i propri affetti di padre.
Tappa centrale nella carriera di tragediografo di Voltaire, Bruto è un importante esempio dello studio condotto dall’autore sulla tragedia, che egli vuole innovare accostando alla magnificanza dello stile ereditato dalla tradizione del grande teatro classico di Corneille e Racine lo stile e i contenuti «barbari» del teatro inglese di Shakespeare. Il notevole successo che la tragedia ottenne al proprio apparire in Francia fu dovuto alla valenza rivoluzionaria che il testo conteneva. Bruto segna infatti una delle prime tappe della lotta per la liberà condotta da Voltaire, in qualità di capo del parti philosophique, lungo il XVIII secolo: E proprio in questo senso la tragedia sarà letta dai rivoluzionari francesi, che la trasformeranno in una delle pièces più apprezzate durante la Rivoluzione.

SECESSIONE E LIBERTÀ

20,00

Di John Caldwell – pensatore e uomo politico statunitense sudista e schiavista, due volte vicepresidente degli USA – sono stati tradotti in italiano soltanto la Disquisizione sul governo e Discorso sul governo e la costituzione degli Stati Uniti (Istituto dell’Enciclopedia Italiana). Dall’amplissima mole delle sue opere (raccolte in 28 volumi) Costanza Margotta a scelto per questa antologia l’Esposto della Carolina del Sud (1828), la lettera pubblicata Al Governatore Hamilton (1832) e il Discorso sulla schiavitù (1850) tenuto al Senato alla vigilia della sua morte. Riscoperto negli Anni Trenta del Novecento, Calhoun è definitivamente rivalutato a metà del secolo scorso come uno dei maggiori pensatori politici americani, da includere nel più ampio orizzonte del pensiero politico occidentale. Dagli scritti qui raccolti emerge tutta l’originalità dell’autore che tratta le questioni teoriche collegandole sempre ai problemi pratici, connessi al suo intento di proteggere gli specifici interessi della Carolina del Sud e degli Stati Uniti meridionali.
Decisive le sue teorie costituzionali della nullificazione e della secessione per mettere a fuoco il dibattito sulla Costituzione che precedette la Guerra civile americana, per valutare la sua interpretazione del federalismo che sfidò la «teoria nazionale» di Lincoln e per comprendere le crisi del costituzionalismo nordamericano. Da questi testi emerge, inoltre, lo stretto legame tra schiavitù – elemento chiave del patto costituzionale – e sistema tariffario, la cui critica consente all’autore di rompere il silenzio che aveva avvolto la «peculiare istituzione» fin dall’inizio dell’esperimento americano. «Andando a scuola da un reazionario» come Calhoun è possibile affrontare, da una parte, i problemi relativi all’equilibrio tra potere e libertà in democrazia e, dall’altra, il ruolo del federalismo quale limite alla degenerazione di questa.

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